Dylan, icona di una generazione che non aveva niente ma aveva tutto

Se qualcuno ci avesse detto che noi figli degli anni 90 un giorno avremmo scritto della tua morte gli avremmo sorriso con fare insolente e girato le spalle. Invece siamo ancora qui, a dedicarti un post, un pensiero, ma è a noi che abbiamo fatto della scrittura una scelta di vita che tocca il lavoro più infame. 

Già, perché dovremmo snocciolare dati anagrafici, carriera, vita privata in modo freddo, analitico, professionale. Ma sarebbe impossibile farlo. Perché non stiamo scrivendo solo della tua scomparsa, ma anche della nostra vita. Quella parte più spensierata e dolce, fatta di sogni e di speranze, di innocenza e di spontaneità. Insieme a te, piangiamo la fine degli anni ’90. Qualcuno ci starà sicuramente giudicando. Si starà chiedendo perché versiamo lacrime per quello che è “solo” un personaggio.

Ma comprendiamo. Non possono sapere.

Solo chi ha vissuto quegli anni può capire che noi non stiamo piangendo solo la scomparsa di Luke Perry ma la fine della nostra spensieratezza. E sì diciamolo pure, della nostra giovinezza.

Noi che non avevamo niente ma avevamo tutto. Noi che non avevamo l’iPhone ma Cioè. Noi che non seguivamo Chiara Ferragni e Giulia De Lellis ma copiavamo il look jeans e maglietta di Brenda. Noi che non aspettavamo l’ultimo youtuber del momento ma l’uscita settimanale di  Cioè con i poster da staccare. Noi che non avevamo Uomini e Donne e storie da reality show ma guardavamo incollati allo schermo Beverly Hills.

Avevamo davvero poco, ma eravamo felici. Oggi abbiamo tutto e siamo tutti scontenti.

A noi ci bastava fare l’album di figurine, staccare gli stickers e sperare che i papà ci comprassero anche i Tv Stelle. Vivevamo di cose semplici e sognavamo di innamorarci di un uomo come Dylan. Ci sentivamo sempre un po’ delle Brenda e tifavamo per i personaggi perdenti, invece di spalleggiare per i vincenti. Facevamo il tifo per Andrea la più povera della scuola e speravamo in una sua rivincita. C’era Donna che con la sua verginità fino al matrimonio preservava una forma mentis osannata dalle nostre mamme. 

Noi che non avevamo i pomeriggi impegnati con palestra nuoto danza calcio corso di inglese corso di computer pallavolo karate pilates yoga e il nostro svago erano loro, Dylan & co. Noi che non sapevamo cosa fossero gli happy hour i brunch il sushi e con dei genitori talmente apprensivi e gelosi che anche una passeggiata con le amichette te la dovevi sudare, non ci rimaneva allora che restare a casa, accendere la tv e immaginare che la tua vita un giorno sarebbe stata come un episodio di Beverly Hills. Che non era solo Rodeo Drive, Porsche, motociclette.

Era il Pitch Pit dove gli amici si incontravano e si scambiavano confidenze.  Era anche lacrime, sorrisi, sogni, desideri, sconfitte.  Non esisteva Google Maps e ancora potevi permetterti di chiedere un’informazione per strada. Sui treni non c’era il Wi FI e allora divoravi libri, romanzi, racconti. Ascoltando la musica con il walkman.

Con la scomparsa di Luke Perry ci siamo infranti contro tutto questo ed è difficile raccoglierne i cocci. Lì dentro c’erano speranze aspettative progetti rimpianti. Con la morte di Luke Perry stiamo facendo i conti con quello che ci eravamo prefissati e che magari non abbiamo ottenuto. Siamo grandi, siamo adulti, abbiamo responsabilità, impegni. Non c’è più nessuno pronto a risollevarti da ogni tua caduta. Ad aiutarti a crescere, perché sei già cresciuto.

Solo Dio sa quanto ci sarebbe piaciuto continuare a chiuderci a chiave nella nostra cameretta, farci trasportare dalle onde cavalcate dalla tavola da surf di Dylan e Brandon e avere come unico pensiero quello di regalare le figurine doppie il giorno dopo.

Gli anni 90 sono irrimediabilmente nati e finiti con Dylan ma la morte prematura e bastarda li ha resi eterni. Luke Perry si è portato via anni spensierati ma la memoria rimarrà per sempre.
E anche io voglio finire così, con un hashtag, scelta solo in apparenza frivola, ma non sapete quanto veritiera:

 #machenesannoi2000.

Lascia un commento